Lavorare per Apple? Un sogno per chi cerca impiego, un incubo per chi ci lavora

Apple, insieme ad altri giganti della Silicon Valley, figura sempre in cima agli elenchi dei datori di lavoro più ambiti.

Ma, una volta assunti, è davvero l’impiego da sogno che ci si immagina da fuori? A quanto pare no. Lo dice chi l’azienda la vive quotidianamente dall’interno. Il tutto però va soppesato su una bilancia: i lati positivi ci sono; lavorare a Cupertino (o per Cupertino) da’ la possibilità di confrontarsi con un numero elevato di menti eccelse e, alla fine dell’avventura presso Apple, l’averci lavorato da’ smalto a qualsiasi curriculum. Tutto questo però ha un prezzo piuttosto elevato, un prezzo che va pagato con il sudore e la dedizione, in alcuni casi, come quello di Robert Bowdidge, di totale abengazione.

Bowdidge racconta del suo rapporto con la moglie, messo a dura prova dal suo impiego a Cupertino. L’uomo lavorava fino a tarda notte senza potere raccontare nulla alla consorte, “rea” di lavorare per IBM. In occasione di viaggi di lavoro per Mister Bowdidge vigeva il divieto assoluto di farsi accompagnare dalla moglie.

Richard Francis, impiegato Intel, ha lavorato con un distaccamento di risorse Apple per un progetto congiunto. Parla di “un controllo aziendale pesante”, una governance estrema che crea tensione soprattutto tra manager. Di controllo parla anche una fonte anonima, un impiegato che preferisce non rivelare il suo nome; da quanto riporta appare che a Cupertino regna sovrano il settore marketing, capace di vietare oppure promuovere iniziative nate in altri settori. E questo è un caso tanto atipico quanto esemplare: in un’azienda comanda, di norma, il commerciale. E’ lui che incamera quattrini ed è lui che impera. Apple non ha bisogno di un’imponente comparto dedito alla vendita, i prodotti con la Mela si vendono da soli… e questo grazie al marketing.

Un altro anonimo parla di un’altra forma di controllo, meno appariscente ma non meno bloccante: paranoia diffusa tra i dipendenti, sgambetti e mancanza di rispetto reciproche e orari di lavoro massacranti sono la cultura aziendale, stando a quanto riporta. E’ diffusa la teoria secondo cui chi si lamenta può essere facilmente sostituito. L’anonimo lancia un monito: “lavorate per Apple a vostro rischio e pericolo, le uniche cose positive sono la possibilità di vestire casual e la mensa in cui si mangia bene”.

Jordan Price, designer, parla di orari di lavoro rigidissimi e intensi: “non vedo mia figlia durante la settimana a causa degli orari di lavoro per niente flessibile”. La Price, pure di entrare alla corte di Re Cupertino ha accettato una diminuzione di stipendio, in cambio del prestigio di lavorare per Apple, scelta che rimpiange anche alla luce delle frequentissime riunioni che rompono il ritmo di lavoro.

La sede faraonica e avanzata di Cupertino, chiamata “Infinite Loop Campus”, pure essendo la location rappresentativa non è l’unica: lo dice Owen Yamuachi, che ha lavorato in una sede dislocata a Vallco Parkway, a pochi chilometri da Cupertino: un posto in cui non c’è nessuna delle comodità che gli impiegati trovano nel Capus di Apple, una sede buia, con corridoi stretti, soffitti alti e uffici singoli per tutti. Il lato positivo è quello dell’elevata privacy che permette di concentrarsi, quello negativo – come riporta Yamuachi – è quello di passare giornate intere senza parlare con chicchessia.

Uno sviluppatore anonimo, che dice di avere lavorato al primo iPad, racconta che era stata predisposta una stanza apposita per lui e i suoi tre colleghi, gli unici autorizzati ad accedervi. I tablet erano incatenati alle scrivanie e i collaboratori scelti hanno dovuto subire uno screening approfondito.

La questione stipendi è un nodo: le persone che hanno raccontato la loro esperienza professionale a Cupertino parlano di retribuzioni più basse della media, perché il management  sa quale impatto può avere Apple sul curriculum vitae di chi ci ha lavorato. E questo riguarda tutti, anche i dipendenti dei negozi di proprietà.

 

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