Mese: aprile 2014

Lavorare per Apple? Un sogno per chi cerca impiego, un incubo per chi ci lavora

Apple, insieme ad altri giganti della Silicon Valley, figura sempre in cima agli elenchi dei datori di lavoro più ambiti.

Ma, una volta assunti, è davvero l’impiego da sogno che ci si immagina da fuori? A quanto pare no. Lo dice chi l’azienda la vive quotidianamente dall’interno. Il tutto però va soppesato su una bilancia: i lati positivi ci sono; lavorare a Cupertino (o per Cupertino) da’ la possibilità di confrontarsi con un numero elevato di menti eccelse e, alla fine dell’avventura presso Apple, l’averci lavorato da’ smalto a qualsiasi curriculum. Tutto questo però ha un prezzo piuttosto elevato, un prezzo che va pagato con il sudore e la dedizione, in alcuni casi, come quello di Robert Bowdidge, di totale abengazione.

Bowdidge racconta del suo rapporto con la moglie, messo a dura prova dal suo impiego a Cupertino. L’uomo lavorava fino a tarda notte senza potere raccontare nulla alla consorte, “rea” di lavorare per IBM. In occasione di viaggi di lavoro per Mister Bowdidge vigeva il divieto assoluto di farsi accompagnare dalla moglie.

Richard Francis, impiegato Intel, ha lavorato con un distaccamento di risorse Apple per un progetto congiunto. Parla di “un controllo aziendale pesante”, una governance estrema che crea tensione soprattutto tra manager. Di controllo parla anche una fonte anonima, un impiegato che preferisce non rivelare il suo nome; da quanto riporta appare che a Cupertino regna sovrano il settore marketing, capace di vietare oppure promuovere iniziative nate in altri settori. E questo è un caso tanto atipico quanto esemplare: in un’azienda comanda, di norma, il commerciale. E’ lui che incamera quattrini ed è lui che impera. Apple non ha bisogno di un’imponente comparto dedito alla vendita, i prodotti con la Mela si vendono da soli… e questo grazie al marketing.

Un altro anonimo parla di un’altra forma di controllo, meno appariscente ma non meno bloccante: paranoia diffusa tra i dipendenti, sgambetti e mancanza di rispetto reciproche e orari di lavoro massacranti sono la cultura aziendale, stando a quanto riporta. E’ diffusa la teoria secondo cui chi si lamenta può essere facilmente sostituito. L’anonimo lancia un monito: “lavorate per Apple a vostro rischio e pericolo, le uniche cose positive sono la possibilità di vestire casual e la mensa in cui si mangia bene”.

Jordan Price, designer, parla di orari di lavoro rigidissimi e intensi: “non vedo mia figlia durante la settimana a causa degli orari di lavoro per niente flessibile”. La Price, pure di entrare alla corte di Re Cupertino ha accettato una diminuzione di stipendio, in cambio del prestigio di lavorare per Apple, scelta che rimpiange anche alla luce delle frequentissime riunioni che rompono il ritmo di lavoro.

La sede faraonica e avanzata di Cupertino, chiamata “Infinite Loop Campus”, pure essendo la location rappresentativa non è l’unica: lo dice Owen Yamuachi, che ha lavorato in una sede dislocata a Vallco Parkway, a pochi chilometri da Cupertino: un posto in cui non c’è nessuna delle comodità che gli impiegati trovano nel Capus di Apple, una sede buia, con corridoi stretti, soffitti alti e uffici singoli per tutti. Il lato positivo è quello dell’elevata privacy che permette di concentrarsi, quello negativo – come riporta Yamuachi – è quello di passare giornate intere senza parlare con chicchessia.

Uno sviluppatore anonimo, che dice di avere lavorato al primo iPad, racconta che era stata predisposta una stanza apposita per lui e i suoi tre colleghi, gli unici autorizzati ad accedervi. I tablet erano incatenati alle scrivanie e i collaboratori scelti hanno dovuto subire uno screening approfondito.

La questione stipendi è un nodo: le persone che hanno raccontato la loro esperienza professionale a Cupertino parlano di retribuzioni più basse della media, perché il management  sa quale impatto può avere Apple sul curriculum vitae di chi ci ha lavorato. E questo riguarda tutti, anche i dipendenti dei negozi di proprietà.

 

Addio Windows XP, cosa fare e come farlo

Dopo 12 anni XP va in pensione. Le ultime sono state settimane di eccessivo allarmismo generalizzato, sarebbe invece necessario fare un po’ di chiarezza laddove impera il caos.

Il problema riguarda soprattutto le aziende, poi e solo poi i privati che però vanno scissi in diverse categorie.

Dal canto suo Microsoft ha fatto il proprio dovere: ha annunciato la fine del supporto con abbondante anticipo sfruttando i media e i propri canali, con tanto di sito apposito (www.windowsxp.it).

Cosa significa “fine del supporto”?
I PC con Windows XP continueranno a funzionare (se non sai quale versione di Windows hai, puoi consultare questa pagina); col passare del tempo possono prestare il fianco a vulnerabilità e virus perché il sistema operativo non verrà più aggiornato. Ciò significa che Microsoft non metterà più le classiche “pezze” alle falle riscontrate. Nel frattempo produttori di hardware e software si concentreranno su altre versioni dei sistemi operativi Microsoft (quindi Windows 7, 8 e 8.1) facendo sì che programmi e periferiche non funzioneranno più con Windows XP.

Cosa cambia per le aziende
Nel mondo del business si registra il più alto tasso di panico che, giustificato o meno, va puntualizzato. La fine del supporto di Windows XP non coincide, in modo piuttosto curioso, con la fine del supporto esteso di Windows 2003 Server che continuerà ad essere mantenuto in vita dagli aggiornamenti fino all’estate del 2015. Correre a sostituire il sistema operativo dei PC per lasciare aperte ai malintenzionati le porte dei server appare cosa poco buona e saggia. Tuttavia il passaggio a Windows 8 potrebbe non essere del tutto indolore; il primo grosso limite del “post 8 aprile” è l’interfaccia grafica di Windows 8, tanto diversa da quella di XP: uno stravolgimento che può disorientare gli utenti meno avvezzi all’uso delle tecnologie. L’acquisto di nuovi PC ha comunque il merito di diminuire, almeno in linea teorica, i costi sostenuti per la manutenzione dei vecchi computer.

Cosa cambia per i privati
Gli utenti più smanettoni (come li chiama Google) hanno di certo già abbandonato XP da tempo e con buona regolarità cambiano personal computer, per loro quindi il problema non esiste; coloro i quali fanno un uso meno massiccio del PC (email, navigazione e un utilizzo minimo di Office) potrebbero non avvertire, sul breve periodo, la necessità di lasciarsi XP alle spalle. Anche per questi ultimi la strada appare però tracciata e, presto o tardi, dovranno arrendersi all’idea di migrare verso lidi informatici più moderni.

Cambiare o aggiornare?
Ad oggi è possibile acquistare un PC (fisso) con Windows 8 a partire da 300 euro circa. Chi possiede un PC con Windows XP deve, con ogni probabilità, sostituirne il disco fisso e aggiungere RAM, considerando che ad XP per funzionare ne bastano 512 MB e che per usare Windows 7 ne sono consigliati almeno 2 Giga (che diventano almeno 4 con Windows 8). Il costo di hard disk e RAM è piuttosto contenuto, si tratta di hardware che può essere acquistato con un centinaio d’euro. A questa somma (considerando il processore sufficientemente potente per ospitare un nuovo sistema operativo) vanno ad aggiungersi i 119 euro del sistema operativo.

Migrare i dati
Ma come migrare i dati dal vecchio al nuovo PC? Tra i diversi metodi esistenti, Microsoft mette a disposizione un tool gratuito che si fa carico di completare la migrazione.

In conclusione, attorno alla fine del supporto di XP si sta creando un caso come accadde nel 2000, con il famoso “millenium bug”, passato quasi in sordina. Sia chiaro, continuare ad usare XP non è esente da rischi, ma nulla si bloccherà a partire dal 9 aprile. E’ comunque giunto il momento di mandare definitivamente in pensione un sistema operativo di 12 anni fa.